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In tutte le filosofie e religioni di qualsiasi tribù e popolazione, a tutte le latitudini e longitudini, dalla notte dei tempi, troviamo segni e documenti, comprovanti, che riconducono al rituale dell’usanza del tatuaggio e alla sua cultura.Come ritrovamento storico, una su tutti, basti pensare alla Mummia del Similaun.Possiamo quindi asserire che, sin dalla preistoria, il tatuaggio ha voluto essere segno di distinzione. Pur avendo avuto periodi di alterna gloria, compreso la proibizione stessa, il tatuaggio inizia a diffondersi alla fine degli anni 60 e i primi anni 70 del XX° secolo. Arrivando ad affermarsi tra gli anni 70/80. Sdoganano, definitivamente, il tatuaggio quale “marchio”. Ovvero slegandolo dal luogo comune tatuaggio = delinquente. Spesso, nelle persone appartenenti alle famiglie nobili e aristocratiche di alto lignaggio, si trovano componenti che portano tatuaggi riconducibili al casato. Considerato riconoscimento cristiano, il tatuaggio, viene identificato quale “simbolo” dai cavalieri Crociati e, in Italia si hanno riferimenti, riconducibili attorno al XVI° secolo, dei Frati marcatori al Santuario di Loreto. Dal tatuaggio all’henné agli aghi d’osso alla macchinetta elettrica, dalla old school alla new school, dalla lavorazione della noce di cocco, al cinabro, passando per i pigmenti, il tatuaggio è praticato dalla Polinesia all’Islanda.
Tribale, giapponese, sacro, realistico, scaramantico, religioso, biomeccanico, esorcizzante, settario, lettering classico, ideologico. Queste sono solo alcune delle principali fonti di riconoscimento delle diverse tipologie di tatuaggi.
Artisti
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