
Nel mese di marzo 2025 è uscito in Argentina, a Buenos Aires, il libro “El Canto de l’Origen” di Gabriella Cinti per Mora Barnacle editore, tratto dalla raccolta “Prima”, Puntoacapo Editrice, 2022, 2024.
Il traduttore è stato Antonio Nazzaro.
Per annunciare questa uscita è stata registrata una intervista a cura dell’editore Mora Barnacle, della traduttrice dell’intervista, Judith Filc e dei vari collaboratori di Barnacle.
Nell’intervista sono lette in spagnolo due poesie e Gabriella Cinti, oltre a rispondere a varie domande sui temi principale del libro, in modo particolare il tema dell’origine e quello della catena d’amore del vivente, ha letto il poemetto “L’amor che move il sole e l’altre stelle” che poi in spagnolo è stato letto da parte di Mora Barnacle.
https://www.youtube.com/watch?v=LwkBh4dTxmc.
Si riproducono qui due testi, rispettivamente in italiano e in spagnolo.
Chissà se piangevi?
Chissà se piangevi,
Dryopiteca piccolina[1],
a sillabare per prima l’aria di mani,
la conquista del cielo con gli occhi,
apparso per primo prodigio
nel varco dei tuoi boschi,
Ninfa del Miocene,
chissà se piangevi?
Le viridate tue lacrime,
il dolore scoperto nel sale sulle labbra,
a terra cadevano,
hai accolto così in te anche
il pianto delle tue sorelle di prima.
Trenta milioni di anni per assaporare
il soffrire come un sapore; più tardi,
cangiata in resina invetriata,
la dolente Mirra imperlerà
di cera d’avorio il pianto d’amore,
a te forse risparmiato
Bambina Primate, cucciola di nostra forma.
Tra gli alberi batteva il tuo cuore,
i tuoi denti sonori ritmavano il respiro
in suoni di preparola.
E non so se piangevi,
se capivi la musica della savana,
la voce delle conifere,
l’intelligenza del silenzio.
¿Quién sabe si llorabas?
Quién sabe si llorabas,
Dryopiteca pequeñita[2],
para silabear primero el aire de las manos,
la conquista del cielo con los ojos,
aparecido como primer prodigio
en el paso de tus bosques,
Ninfa del Mioceno,
¿quién sabe si llorabas?
Tus verdes lágrimas,
el dolor descubierto en la sal sobre los labios,
en la tierra caían,
has acogido así en ti también
el llanto de tus hermanas de antes.
Treinta millones de años para saborear
el sufrimiento como un sabor; más tarde,
cambiada a resina vidriosa,
la doliente Mirra perlará
con cera de marfil el llanto de amor,
para ti quizás salvado
Niña Primate, cachorra de nuestra forma.
Entre los árboles latía tu corazón,
tus dientes sonoros ritmaban el respiro
en sonidos de prepalabra.
Y no sé si llorabas,
si entendías la música de la sabana,
la voz de las coníferas,
la inteligencia del silencio.
DICITURE IMMAGINE ALLEGATA
Copertina di “El Canto de l’Origen”.
Ne so quanto te del mistero dei rami,
delle foreste troppo spesso nemiche.
Quanti milioni di anni
ha la storia delle mie lacrime?
E tu forse per prima nel folto verde
le hai viste cadere,
perle tue, non di pioggia
e hai distinto la rugiada dalla pena,
forse solo uno squittio più debole
per nominarle.
Chissà se piangevi, tra tende di querce,
Tu che migravi di stato,
Tu minuta tra i giganti,
Tu che per gradi sottili
pervenivi all’umano?
Mi giunge per sordo boato
di immani ere per te inesplorabili,
la voce del tuo pianto sconosciuto,
la transizione dei mondi avviata
oltre l’oceano abissale
richiuso sulle tue piccole spalle.
Nel mio, raccolgo le tue inconsapevoli
lacrime fossili,
i sospiri mai emessi,
l’amore che non hai potuto
neppure pensare.
Ma chissà se piangevi?
[1] I Dryopitechi, letteralmente “scimmie degli alberi” (più etimologicamente, querce), abitarono tra Europa e Africa nel Miocene, tra trenta e venti milioni di anni fa. Dopo le grandi glaciazioni si crearono habitat boschivi, dove la “mia” piccola scimmia (una statura intorno ai sessanta centimetri) si conquistava un posto nella storia, raggiungendo la stazione eretta e potenziando l’apparato di masticazione che rafforzerà la sua capacità alimentare, se non, addirittura, di emissione vocale, avviando comunque in modo decisivo il processo di ominizzazione. Risale forse a questo periodo la chiusura dell’Oceano Tetide e la nascita del Mediterraneo, come residuo di quelle acque abissali.
[2] Los Dryopithecus, literalmente “monos arbóreos” (más etimológicamente, robles), vivieron entre Europa y África en el Mioceno, hace entre treinta y veinte millones de años. Después de las grandes glaciaciones, se crearon hábitats boscosos, donde “mi” pequeño mono (de unos sesenta centímetros de altura) se ganó un lugar en la historia, alcanzando una posición erguida y fortaleciendo el aparato masticador que fortalecerá no solo su capacidad alimentaria, sino incluso la emisión vocal, iniciando sin embargo decisivamente el proceso de hominización. A esta época quizá se remonta el cierre del océano de Tetis y el nacimiento del Mediterráneo, como remanente de aquellas aguas abisales.