Alessandro lo conobbi nell’estate del 2002 durante una vacanza a Pila. Di vista si, già lo “conoscevo” ma, la prima volta che gli strinsi la mano, fu nell’agosto di vent’anni fa. Ci incontrammo casualmente in giro per Pila. Io, in vacanza con mia figlia. Lui, con amici. Iniziammo con lo scambiarci il numero di telefono per accordarci per andare a bere o mangiare qualcosa insieme. Devo dire che – da subito – mi piacque quel suo modo essenziale di partecipare al dialogo. Mai troppo stringato, ne troppo prolisso. Tant’è che – (a differenza delle persone che erano con lui che già conoscevo) – mi dissi: questo elemento che chiamano il “malvisto” può diventare un buon compagno di vacanza; così fu.
Rientrati a Biella, ci vedemmo qualche volta ma non poi così assiduamente. Io avevo abbandonato il mondo delle due ruote già da anni, mentre lui era non dico agli albori ma quasi. Quando ci si incontrava però, era sempre un piacere. Autentico. A metà degli anni duemila, i miei viaggi negli States iniziarono ad intensificarsi. Proprio diciassette anni fa in questi giorni, mi trovavo a New York. Cinque mesi prima avevo perso mio Padre e, quando l’onda d’urto emotiva mi colpì l’incavo popliteo: decisi di partire. Mentre ero via iniziava a balenare in me l’idea di abbandonare il settore in cui operavo. Non solo per la crisi incalzante e crescente, bensì perché non traevo più – pur vendendo prodotti di alto livello – gli stimoli quotidiani necessari ad un uomo per far sì che si dica soddisfatto a fine giornata.
Per un tot di anni, Alessandro ed io non ci sentimmo o vedemmo. Quando riaccadde, fu come ci fossimo lasciati la sera prima, dopo aver bevuto birra ed esserci raccontati di come fosse trascorsa la precedente settimana. Unica “macchia”, nel frattempo, il “malvisto” aveva subito un’incidente in moto. Anche le persone di carattere – si sa – possono essere scalfite ma, ciò che apprezzai di lui (forse perché rivedevo me anni prima) è che non aveva perso lo smalto. Come un autentico Guerriero, reagì egregiamente ad una di quelle botte che sì, sono fisiche ma lasciano strascichi emotivi tutt’altro che indifferenti. La sua reazione così esemplare, fece crescere in me la stima che nutrivo nei suoi confronti e non poco.
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Nella tarda primavera del 2009 mi telefonò e mi disse: “Vieni giù che devo scattarti delle foto: voglio farti un regalo”! Ci accordammo per un sabato pomeriggio dove lo raggiunsi a casa sua e scattammo. Di lì ad un paio di settimane, mi chiamò per dirmi che il regalo che mi aveva dedicato, era pronto. Quando lo vidi – intendo il “Quadro” – per la prima volta, rimasi letteralmente impressionato. Positivamente. Certo ma non perché era il primo ritratto che mi facevano ma, per la “pulizia” dell’opera. Fu la tecnica a colpirmi. A fare la differenza. Per la prima volta ricevetti in regalo una foto che non era una foto, in “grandi dimensioni”. Nero e bianco.
Alessandro, si può affermare che lavori “al contrario”: in negativo. Inventandosi una tecnica che prevede l’uso di resina. La costruzione di un modello e lo stampo. Il gelcoat (resina densa) colorata – nel caso del mio ritratto bianco e nero – è il materiale che Alessandro usa per disegnare il contorno dei suoi lavori. Il tutto, adagiato su un pannello e completato con fibra di vetro e stesura di resina. Il supporto del pannello dove avviene la creazione, ha delle stecche (telaio) di rinforzo; anch’esse di resina. Una volta terminati tutti i procedimenti, avviene lo stacco del quadro dallo stampo.
L’anno successivo al ricevimento dell’Opera di Alessandro, mi recai nuovamente in America ed iniziai ad affinare il mio progetto. L’anno dopo fondai DNheArt. Questa precisazione, caro Ale, perché è vero che era già insito nel mio DNA che finissi col decidere di lavorare a favore ed a supporto delle persone di talento. Ma, onestamente, penso che se casomai ci fosse stato un qualche o benché minimo dubbio, me lo fugasti tu: il giorno che ti raggiunsi a casa tua e mi donasti “la foto trasformata” che mi scattasti un paio di settime prima.
Pollone, 8 / XI / ‘22
Con stima e affetto.
Roberto Dorigo